VIDEO| In fondo al mare nel sommergibile Scirè: il nostro diario di bordo

ROMA – Va fino a 200 metri di profondità, conta 56 metri di lunghezza e porta un equipaggio di 30 persone. Amagnetico, non produce calore né rumore. Un bestione d’acciaio che si muove a passi felpati. A bordo si monta in turni di 6 ore, ci si alterna tra il riposo e le mansioni operative, le brande per distendersi sono infilate a parete, ritagliate nei lunghi e stretti cunicoli accanto ai siluri, quelli sempre pronti per respingere ogni minaccia. È lo Scirè, il signore del Mediterraneo, sottomarino dal nome storico della Marina Militare in prima linea nelle missioni NATO.

L’ultima, la Nobel Shield, ha visto andare al sommergibile e all’equipaggio un riconoscimento speciale per i tanti mesi trascorsi nel pattugliamento del Mediterraneo. Si va in navigazione immersi per settimane e si riemerge per qualche giorno. Lo scudo verso il nemico, che un tempo ha visto fregiarsi lo Scirè dell’epoca dei celebri siluri a lenta corsa, oggi è fatto di tubi lanciasiluri, siluri Whitehead Black Shark Advanced e mine antinave. “A bordo tutti lavorano per la missione del sottomarino“, spiega il Comandante della flottiglia dei sommergibili Manuel Moreno Minuto. Oggi che la guerra in seno all’Europa tra Ucraina e Russia e il conflitto a Gaza ha incrinato equilibri che si consideravano granitici, fianco est e fianco sud sono diventate vere e proprie ‘colonne d’Ercole’ da presidiare. “L’underwater e la sua sicurezza tuttavia– precisa Minuto- è un tema antico e precedente a Putin. Il primo incidente di cavi sottomarini è stato nel 2008 ad Alessandria d’Egitto”.

COSA SUCCEDE IN UN SOMMERGIBILE? IL NOSTRO DIARIO DI BORDO

Nella sala delle manovre per immergersi c’è il periscopio: l’occhio ciclopico dello Scirè. Il Comandante del sommergibile, Francesco Barone, dalla plancia si sposta giù, nella sala del periscopio, per guidare le operazioni. Accanto a lui c’è il direttore di macchina, Luigi Lombardo, che segue passo passo ogni manovra: leve, pulsanti, colori sui monitor è tutto un susseguirsi rapido. Aumentano i metri della discesa nel mare, il mezzo compartimentato diventa quasi come una navicella spaziale: le onde che lo muovevano si fanno lontanissime, è ormai in perfetto equilibrio per navigare in profondità. “Il diario di bordo è la scatola nera del sottomarino- precisa Minuto- Il nostro pattugliamento si svolge 24 ore su 24 e ha come obiettivo la difesa delle infrastrutture strategiche, dei gasdotti e delle reti di dati. A supporto della nostra attività in mare c’è la grande centrale di Santa Rosa, a Roma”.

Durante le operazioni c’è chi trascrive tutto, in tempo reale. Il nemico lascia tracce, rumori che gli addetti al sonar sono pronti ad intercettare. Ma intanto l’unico rumore che arriva è quello grosso del mare. Tutti sono seduti ai loro posti: radaristi, addetti al sonar, manutentori, elettricisti, cartografi. La catena dei movimenti e degli annunci che vengono dati al microfono segue una sincronia perfetta. C’è un’organizzata concitazione, una vitale prontezza. “Non è solo la lontananza da casa, ci vuole adattamento per essere sommergibilisti“, dice Gabriele Bagnoli, che veste l’uniforme da oltre dieci anni. Di fronte alle lunghe missioni, di cui non nasconde il sacrificio, racconta di come il sorriso di una bambina possa ripagare più di tanto altro. Su uno dei monitor, infatti, c’è il disegno della piccola Greta che, dopo aver visitato lo Scirè, lo ha disegnato così come lo vede un bambino: a colori e con persone intorno. A bordo i contatti con la terra sono azzerati, i cellulari sono off per giorni e giorni. Esiste un servizio mail, per mantenere una connessione con le famiglie, che passa prima sotto le mani del Comandante. Qualsiasi notizia tanti metri in fondo al mare può essere una bomba. Eppure in questa ristrettezza austera fatta di spazi ridotti, di giorno e notte che si succedono solo con luci artificiali che cambiano colore, resta un potente fascino. Sarà quello che il film sul comandante Todaro, interpretato da Pierfrancesco Favino, ha risvegliato in chi quella storia non la conosceva o l’aveva dimenticata. Sarà che il mare, anche quando soffiano pericolosi venti di guerra nel giardino di casa, una poesia la porta dentro.

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