Previdenza obbligatoria e previdenza complementare

Gli approfondimenti sulla previdenza di PAOLO LONGONI.

Nel nostro Paese è obbligatorio essere iscritti ad una forma di previdenza: non a caso gli enti gestori della previdenza sono detti AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria).

La previdenza obbligatoria non può essere “evitata” dal lavoratore, dipendente o autonomo; la gestione delle forme previdenziali obbligatorie segue il criterio della ripartizione: in altre parole, le pensioni sono finanziate dai contributi pagati dai lavoratori attivi, ed i contributi sono proporzionati al salario o al reddito del lavoratore stesso.

I sistemi di previdenza complementare, invece, vengono scelti dal lavoratore, e sono facoltativi e volontari; sono gestiti da soggetti privati (Banche, Assicurazioni, Fondi Pensione) e sono a contribuzione definita; vale a dire che il sottoscrittore conosce l’importo da versare che è stabilito per contratto.

I trattamenti della previdenza complementare seguono il criterio della capitalizzazione individuale: il sottoscrittore accumula in un conto previdenziale personale le risorse, che gli verranno restituite sotto forma di rendita vitalizia, maggiorate dei rendimenti nel frattempo maturati sul mercato finanziario.

La differenza fra i due sistemi è netta: entrambi hanno specifiche caratteristiche, punti di forza, punti di debolezza.

Il sistema a ripartizione si basa in fondo sul principio della solidarietà tra generazioni: i contributi degli attivi vengono utilizzati per finanziare le pensioni in corso, secondo un meccanismo che non prevede l’accumulo su conti individuali; il calcolo delle prestazioni oggi vigente per la grandissima parte degli enti AGO è basato sul metodo contributivo, e cioè sulla formazione di un montante che viene trasformato in rendita al momento del pensionamento.

Uno degli aspetti più delicati del sistema a ripartizione è rappresentato dagli squilibri finanziari che vengono causati dai mutamenti demografici: con l’invecchiamento della popolazione ed il calo della natalità il numero dei lavoratori attivi tende a diminuire rispetto al numero dei pensionati; e ciò genera tensioni finanziarie nelle gestioni.

Il sistema a capitalizzazione individuale, tipico della previdenza complementare, prevede invece l’accumulo, come già illustrato, delle somme versate dal sottoscrittore in un conto individuale, e l’entità della prestazione pensionistica è commisurata ai contributi versati ed ai rendimenti conseguiti dal gestore.

I vantaggi, immediatamente intuibili, del sistema a capitalizzazione sono connessi alla sua maggiore flessibilità, che consente versamenti gestiti in autonomia e, a volte, la possibilità di gestire il profilo di rischio degli investimenti per conseguire migliori rendimenti: nessun rischio per il sottoscrittore se non quello legato all’investimento finanziario: le fluttuazioni dei mercati possono influenzare anche in misura notevole le prestazioni pensionistiche ed è dunque necessario assumere decisioni consapevoli sulla scelta del comparto di investimento, con una combinazione corretta fra rischio e rendimento atteso.

Tuttavia la previdenza complementare presenta profili di risultato che spesso si rivelano deludenti: per calcolare la rendita vitalizia derivante dall’accumulo si applicano coefficienti di conversione del capitale – al netto delle imposte e dei costi di gestione – che sono determinati tenendo in considerazione diverse variabili: i) l’età del pensionando; ii) l’andamento demografico della popolazione e la speranza di vita stimata dall’ISTAT; iii) il sesso del pensionando, dal momento che la speranza di vita differisce tra uomini e donne.

Un recente report dell’Osservatorio del Fondo Priamo – fondo pensione complementare riservato ai lavoratori dipendenti addetti ai servizi di trasporto pubblico ed ai dipendenti dei settori affini – indica che la rendita vitalizia annua per un sottoscrittore che abbia accumulato 100.000 euro di capitale, a 65 anni sarà di 4.100 euro; la rendita cessa al momento del decesso del pensionato; non è dunque prevista alcuna reversibilità a favore del coniuge o di soggetti diversi dal sottoscrittore.

Qualora il sottoscrittore abbia optato per la rendita reversibile, il trattamento è determinato in misura inferiore di circa il 20%.

Come risulta con chiarezza da quanto esposto, la previdenza complementare non è certamente in grado di sostituire le garanzie e le coperture che l’AGO offre: deve essere vista come mezzo per maturare un trattamento integrativo, flessibile e modulabile secondo le possibilità di risparmio del sottoscrittore.

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