Processo Cecchettin, il papà di Giulia :”Non chiedo vendetta”. Sentenza il 3 dicembre, chiesto un milione di euro

BOLOGNA – Un milione di euro: è questa la cifra chiesta come risarcimento da Gino Cecchettin a Filippo Turetta per la morte di Giulia Cecchettin, la ragazza uccisa dal suo ex fidanzato la sera dell’11 novembre del 2023 con 75 coltellate. La richiesta, che rientra nella costituzione di parte civile presentata dall’avvocato Stefano Tigani, è motivata con l’omicidio premeditato e “lucido” di Filippo Turetta e per “l’enorme sofferenza psichica patita dalla vittima”. Il papà di Chiara, oggi, era in aula (Turetta invece non è venuto “per evitare il clamore mediatico”, ha detto il suo legale) con lo zio di Giulia, Andrea Camerotto, e le due nonne della ragazza. Ha detto oggi Gino Cecchettin: “Non chiedo vendetta, ma solo quello che è previsto dalla legge. E sono sicuro che la giuria saprà decidere con correttezza. Quello che è successo lo sappiamo tutti, rinnova il mio dolore. Ma ho piena fiducia nelle istituzioni e sono sicuro che la pena giusta sarà quella che la giuria deciderà di comminare“.

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L’AVVOCATO DI TURETTA: “NON SIA UN PROCESSO SIMBOLO”

“Ho suggerito io a Filippo di non presentarsi in udienza”, ha detto l’avvocato che assiste l’imputato, Giovanni Caruso. “Non è una mancanza di riguardo nei confronti della Corte o dei congiunti”, ha spiegato ancora il legale, assicurando che verrà: “Filippo Turetta verrà in aula per rispondere ai giudici quando sarà il momento anche per onorare la memoria di Giulia”. L’avvocato ha anche espresso l’auspicio che il processo non venga “spettacolarizzato” e non diventi un processo simbolo. Ecco le sue parole: “Questo processo è destinato a stabilire se Filippo Turetta merita una pena di giustizia e quale sia la pena giustizia. Non può essere un processo in cui la spettacolarizzazione autorizza a rendere Filippo Turetta il vessillo di una battaglia culturale, contro la giustizia di genere”. Per questo eccepisco alla costituzione delle associazioni come parti civili”.

LO SCONTRO SULLE PARTI CIVILI

La difesa ha infatti contestato la costituzione di parte civile di alcune associazioni (tra cui l’associazione Penelope che si occupa degli scomparsi) e anche dei due Comuni, quello di Vigonovo (dove Giulia viveva) e quello di Fossò (dove è stata uccisa), che avevano fatto richiesta di essere parti civili in aggiunta ai familiari della ragazza. A proposito del rischio di un processo che diventi un processo simbolo al femminicidio o al patriarcato, è intervenuto anche il procuratore di Venezia, chiarendo: “Il processo è sulle responsabilità personali. È un processo non al femminicidio, ma solo a Filippo Turetta“, ha detto Bruno Cherchi. “Non è uno studio sociologico, ma un accertamento delle responsabilità”, ha aggiunto il procuratore.

TURETTA RISCHIA L’ERGASTOLO

Il processo si svolgerà in un’aula (non grande) della cittadella della giustizia di Venezia, una scelta legata alla volontà di non richiamare troppo pubblico e seguito. Turetta è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza e stalking, e anche di occultamento di cadavere. Rischia l’ergastolo: oggi, tramite il legale, ha fatto sapere di rinunciare all’udienza preliminare. L’avvocato, poi, ha fatto presente anche la decisione di rinunciare ad ascoltare l’unico testimone della difesa, il medico legale Monica Cucci. La Procura, invece, ha presentato una lista di una trentina di testimoni. Le prossime udienze si terranno il 25 e 28 ottobre (verrà sentito Turetta), poi seguiranno le date del 25 e 26 novembre. La sentenza dovrebbe arrivare il 3 dicembre.

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