Uranio e cocktail di vaccini prima delle missioni: i militari chiedono giustizia

ROMA – I corpi dei militari parlano. Parlano i loro tumori che dentro hanno polveri di leghe metalliche di cromo, argento, uranio o tungsteno, ma anche oro e argento. Parlano gli occhi di quel soldato contaminato dal cobalto che da castani caldi diventano grigi e poi blu. Blu freddi fino a morire. Li ha descritti la nanopatologa Antonietta M. Gatti che tanti soldati che si sono ammalati, di ritorno dalle missioni all’estero, ha conosciuto, periziandone la patologia, come prevede la nanomedicina forense, spesso vedendoli morire in una manciata di anni. La chiamano sindrome dei Balcani, ma non basterebbero i Balcani a spiegare i tumori, le leucemie e altre patologie che hanno segnato la vita di tanti militari.

A UDINE IL CONVEGNO “MORTI DA NASCONDERE”:

Un convegno, promosso dal movimento ‘Riprendiamoci l’Italia’, a Udine con le testimonianze di molti di loro ha voluto accendere una luce sulle ‘Morti (in uniforme, ndr) da nascondere‘, questo il titolo scelto. A parlare sono loro, i militari che si sono ammalati e che hanno visto riconosciuto il nesso tra la loro malattia e l’esposizione all’uranio impoverito. Ma non solo. Ci sono storie legate all’amianto e al ‘cocktail dei vaccini pre missione’ di cui ha parlato anche l’avvocato Ezio Bonanni, presidente di ONA (Osservatorio Nazionale Amianto) e c’è una nuova strada che la giurisprudenza sta tracciando a partire da alcune sentenze simbolo che, dopo anni di silenzio, hanno inchiodato lo Stato alle proprie responsabilità.
La nanopatologa Gatti, che è stata membro delle quattro commissioni sull’uranio impoverito che non sono riuscite ad arrivare ad alcuna legge, ha spiegato: ‘Quando c’è un’ esplosione di una bomba a oltre 3mila gradi si produce un aerosol di polveri molto piccole. Queste nanoparticelle hanno la dimensione di un dna/rna e interagiscono come un nuovo patogeno’. Gatti nel suo studio ‘ingrandisce la massa fino a 60mila volte e vedo- ha raccontato- i tessuti patologici di questi soldati’ e ha mostrato sulle slide le particelle di uranio o fosforo e potassio che trova. Eppure molti di quei soldati malati non erano mai andati nei Balcani, e quel soldato con tumore ai polmoni di cui parla al convegno aveva lavorato in un arsenale. La contaminazione con l’uranio impoverito può avvenire anche attraverso il maneggiamento dalle armi, o lavorando con mezzi e in strutture non bonificate. E può avere effetti anche sui civili, interessando terreni, vegetali, e tutta la catena del cibo. Nella cause contro lo Stato, ecco il paradosso, che molti di questi militari hanno dovuto intentare per vedersi riconosciuto il nesso tra la malattia e il servizio svolto, ‘dobbiamo convincere un giudice che stiamo vedendo una pallottola fumante dentro un tumore o ceneri di petrolio non raffinato che sta bruciando. Lo Stato– ha ribadito Gatti- non è andato a controllare i territori dove mettevano i Quartier generali delle Forze Armate‘.

“LA SINDROME DEI BALCANI”: LE TESTIMONIANZE DEI MILITARI

Lo ricorda bene il Tenente degli Alpini, Sergio Cabigiosu, che quando arriva in Bosnia a Sarajevo per la sua prima missione dormiva in ‘un container avvolto di cellophane verde perché la palazzina di fianco a pochi metri è bruciata e sopra- così gli viene risposto da un superiore- c’era dell’ amianto’. Sergio dorme lì 5 mesi, ha la passione per le foto e quella storia la trova subito strana e la immortala. ‘Sono malato di cancro dal 2017, il mio dna è impazzito- ha raccontato- ma sono un donatore di sangue e per questo la mia malattia è stata presa subito’. Si è congedato e non è stato riconosciuto vittima del dovere, a breve si discuterà il ricorso in appello anche se Cabigiosu non vuole risarcimento economico, ma solo il riconoscimento dei responsabili.

“IN KOSOVO 8 MILA MILITARI SI SONO AMMALATI E 400 SONO MORTI”

Il maresciallo Fabio Carlone, vittima dell’uranio e capo dipartimento vittime del dovere del sindacato SUM, perde un polpaccio quando scopre di avere un liposarcoma mixoide di II grado. Gli esami diagnostici non lasciano dubbi: quella massa che gli mangia i tessuti ha metalli come cromo, tungsteno, rame, zinco, vari calciti e dolomiti. Lo ha raccontato riprendendo dati e informazioni da fonti aperte: ‘Nelle prime missioni nel nord del Kosovo tra il 1997 e il 1998 siamo stati esposti ad agenti nocivi e senza protezioni. In quella zona sono stati sparati ordigni per 28mila tonnellate e missili da crociera. La coalizione che aveva impiegato uranio (inglesi e americani) avevano fornito ai vertici militari mappe con documenti ufficiali agli alleati sulle zone bombardate con uranio impoverito e intimato la massima cautela di non dispiegarsi in quelle zone né sostare. L’Esercito italiano a rotazione per almeno 7/8 anni ha occupato quelle aree: Pec, colpita da un missile Tomahawk armato con un penetratore a uranio; e ancora la zona di Banja alla periferia est di Pec, in una struttura dove si erano accampate le Tigri di Arkan dell’esercito paralimitare serbo colpito massivamente da vettori americani con cannoni da 30 mm, i primi disseminatori di uranio. Noi prendevamo quelle aree: 8mila militari si sono ammalati e 400 sono morti, la maggior parte in quei primi contingenti’. Nel periodo peggiore della sua vita Carlone deve affrontare ‘un muro di omertà, quello per cui molti soldati non denunciano. In principio avevo presentato istanza di riconoscimento di causa di servizio, ma il ministero, nonostante l’evidenza, la negò per ben tre volte. Non mi dà assistenza, mai una chiamata, ed è il protocollo che applica ancora oggi a migliaia di casi. Ragazzi abbandonati in un letto con una pensione da 700 euro al mese. Dopo sette anni di battaglie legali finalmente il riconoscimento di ‘vittima del dovere’– ha spiegato- ma con una clamorosa sottostima a cura della sanità militare del danno arrecato dal cancro. Quando il Ministero soccombe di fronte alla legge, cerca in tutti i modi di andare al risparmio, sottostimando- ha sottolineato- in barba a tutti i decreti e le tabelle risarcitorie previste il danno della vittima. Ecco quindi che la vittima del dovere, il reduce, il servitore dello Stato danneggiato ed umiliato, si ritrova costretto a presentare una nuova istanza presso i tribunali del lavoro per vedersi riconosciuti gli indennizzi previsti peri i danni e le sofferenze patite. Oltre ad offendere e rinnegare un proprio lavoratore, il ministero creando questa ragnatela burocratica e perversa di negazione, incide in maniera incisiva sulle casse dello Stato, facendosi carico di ingenti spese processuali oltre che intasare con inutili appelli le sedi di giustizia in ogni regione italiana’.

Vittima del dovere è anche il Colonnello del Ruolo d’Onore Carlo Calcagni, icona per i giovani di coraggio e amore per la vita, nonostante la sua esistenza sia costellata di ricoveri, l’assunzione di 300 pasticche al giorno, plasmaferesi, iniezioni, notti attaccate ad un ventilatore polmonare, il Parkinson, tutto dovuto a ‘una sensibilità chimica multipla’. Nel suo corpo hanno trovato 28 metalli pesanti. Nella battaglia per vedersi riconosciuta la causa di servizio Calcagni, elicotterista, deve addirittura superare l’ostacolo del segreto di Stato che viene apposto sulla sua documentazione fino al punto che ‘dichiarano che non aveva mai volato nei Balcani. Dopo 17 anni il ministero sarà condannato dal Tar, ma non sarà dato alcun risarcimento‘.

“URANIO IMPOVERITO: DAL MINISTERO ‘SCARSA ATTENZIONE PREVENTIVA’ E ‘MANCATA VALUTAZIONE’ SULLA LESIVITÀ DEI VACCINI”

‘Il ministero della Difesa ha avuto una scarsa attenzione preventiva all’epoca delle missioni Balcaniche quando i nostri militari sono partiti senza che fossero preventivamente verificate le condizioni di inquinamento per l’ effetto dell’uso dei proiettili ad uranio impoverito’. E ancora è mancata una valutazione ‘sulla lesività dai vaccini con plurime somministrazioni con additivi e nanoparticelle di metalli pesanti a cui i militari venivano sottoposti poco prima della partenza e senza valutazione sulle loro condizioni di salute’. Lo ha spiegato chiaramente l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto. Questi giovani soldati, ‘idonei e in buona salute, partivano con un forte stress al sistema immunitario a cui si univa- come ha ricostruito l’avvocato dai casi seguiti- l’esposizione ad amianto e altro. Insomma un vero e proprio ‘cocktail di cancerogeni’.

“NOI IN PANTALONCINI, GLI ALTRI CON TUTE SPECIALI”: IL CASO MOTTA E LA SENTENZA CHE HA MESSO IN CHIARO LE RESPONSABILITÀ

Sentenze che tracciano una strada di speranza ce ne sono, secondo l’avvocato. ‘Sul caso Motta il Consiglio di Stato ha riconosciuto la causa di servizio per le malattie contratte e successivamente è stato riconosciuto dal Tribunale di Palermo vittima del dovere, accogliendo la mia tesi- ha spiegato il legale Bonanni- del principio dell’inversione dell’onere della prova’. Occorre dimostrare che si era impiegati in territori contaminati ed è l’amministrazione che deve dire il perché un militare sano e in salute torna malato da una missione: nessuna prevenzione era stata messa in campo. La storia di Lorenzo Motta è quella di vaccinazioni somministrate a tempi record, febbre e vomito e partenze immediate ed esposizioni ad agenti cancerogeni da bombardamenti. ‘Noi in pantaloncini e gli altri con tute speciali’, aveva raccontato il giovane di cui il libretto vaccinale, peraltro, sembrerebbe scomparso, come riportano alcuni media. Nel 2005 il linfoma di Hodgkin, la perdita del lavoro, poi la causa di servizio che il ministero all’inizio rigetta.

VERSO I PACT ACT “ANCHE PER GIORNALISTI COME FRANCO DI MARE”

‘Sull’amianto- ha tenuto a ricordare Bonanni- nei riguardi della Marina Militare c’è stata la condanna penale in Cassazione per omicidio colposo. Per l’uranio impoverito le azioni sono invece finalizzate al risarcimento del danno e al riconoscimento di vittime del dovere’.
Si va verso la strada del PACT ACt che negli USA ora vale per i veterani? Si secondo lo psicologo Enzo Kermol intervenuto al termine del convegno. ‘Il veterano non deve essere soggetto ad alcun onere della prova’ è la strada che battezza il Pact Act. Un capovolgimento che inchioderebbe lo Stato e che riguarda non solo gli uomini e le donne in divisa, ma i civili sotto i bombardamenti e i giornalisti embedded che partono al seguito delle truppe per documentare il lavoro della Difesa. Quelli come Franco di Mare che ‘senza divisa- come ha ricordato Calcagni- hanno fatto il loro dovere. Perchè non serve la divisa per farlo’.

(foto di apertura da https://museodellaguerra.it)

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