Intelligenza artificiale nei grandi Comuni al Digitale popolare: “Mancano regia e pricavy”

di Lucio Valentini

TORINO – Al Festival del Digitale popolare arriva la prima mappatura dell’uso dell’intelligenza artificiale nei grandi Comuni italiani. Un utilizzo che ha primariamente due scopi: rendere più efficiente il flusso di lavoro interno all’ente e facilitare l’accesso ai servizi da parte dei cittadini. Lo studio realizzato da Osservatorio Digitale si è concentrato su sette Comuni sopra i 250.000 abitanti per capire come le grandi pubbliche amministrazioni comunali hanno provato a implementare l’intelligenza artificiale nei loro processi: Catania, Palermo, Bari e Napoli al sud, Firenze, Milano e Torino al centro-nord. Dalla ricerca emerge subito l’attivismo dei municipi: tutti hanno in cantiere o finanziato dei progetti di sviluppo delle varie Ai, generative, predittive e machine learning. Emerge però, come sottolinea il Ceo e founder di Osservatorio digitale, Sandro Giorgetti, un primo problema: “Manca una centralizzazione dei processi” a livello nazionale: “tutti i comuni hanno preso iniziative per lo più di carattere sperimentale ma manca un governo del sistema“.

Sandro Giorgetti

Una difficoltà che a volte si ritrova anche all’interno dei singoli Comuni, contattati uno a uno dall’Osservatorio Digitale per meglio individuare il loro approccio: “Anche all’interno dei municipi diverse funzioni dell’ente non si parlano tra loro”. Questione che andrà affrontata per evitare che i Comuni vadano avanti in ordine sparso. C’è un altro nodo che Giorgetti pone: “Per la maggioranza si tratta di progetti non interni all’ente ma sviluppati da terzi”. Funzioni che “sono state esternalizzate perché mancano le competenze“. Questo però pone un quesito che la Pa non può non rivolgersi: “C’è un tema che riguarda la privacy e la gestione dei dati”.

I PROGETTI DEI 7 COMUNI

Dai dati della ricerca si nota un panorama eterogeneo: partendo dai settori interessati dall’implementazione dell’Ai, Catania si concentra sullo sviluppo di una smart city. In questo senso i settori toccati sono molteplici: non solo cittadini e funzioni interne, ma anche ambientali, sociali, mobilità ed efficienza energetica. Le funzioni interne sono al centro dell’attenzione di Bari e Palermo. A Milano il focus è sui cittadini, a Napoli sulle funzioni esterne. La Città partenopea ha attivato un account plus di Chat Gpt per la comunicazione e le campagne di sensibilizzazione. Firenze usa l’Ai sia per snellire la macchina comunale sia per renderla più accessibile ai cittadini. Torino, attraverso progetti d’innovazione come “Torino City lab” e “Torino Cte Next” punta alla creazione di un digital twin e alla sperimentazione di soluzioni urbane innovative. Nella Città della Mole si punta a usare la nuova tecnologia, oltre che nell’energia, nell’ambiente e nella mobilità, anche in settori meno battuti come quello della cultura e del turismo.

In definitiva, l’utilizzo dell’Ai è pensato principalmente per l’ottimizzazione delle risorse, lo snellimento delle pratiche burocratiche e l’automatizzazione dei processi complessi e ripetitivi, mentre in nessuno dei sette casi è stato sviluppato un Cloud ed è ancora raro l’uso dell’Ai per gestire le emergenze, supportare le decisioni strategiche e migliorare la qualità dei servizi offerti.

PA GOVTECH CON GIOVANI ‘FUORI DA SCHEMI E CITTADINI ATTIVI’

Come usare i giovani per sviluppare la Pa del futuro? Come si avvicinano al Govtech, ovvero allo sviluppo dell’innovazione nell’Amministrazione pubblica? Al Festival del Digitale Popolare di Torino, oggi al suo secondo giorno, lo spiegano direttamente i ragazzi tra il pubblico. “Come si coinvolgono i giovani in una materia così poco popolare?”. Giada risponde così: “Serve una scuola che ti induce a pensare a queste cose. E bisogna essere attivi a livello di cittadinanza”. La domanda a Giada e la moderazione del panel “Govtech: la PA per ridurre la distanza” sono di Ilaria Ricci, che sul tema ha pure scritto un libro. Quaranta minuti che diventano una sorta di brainstorming tra dirigenti del settore pubblico e privato che tirano fuori problemi della Pubblica amministrazione e idee per risolverli. La Pa “se non innova lascerà tutto ai privati”, spiega Massimo Andriolo, Partner IXL Center Italia, azienda che offre formazione e consulenza strategica. Secondo Andriolo serve “una nuova generazione di manager, i public innovation manager che traducano le novità tecnologiche in nuovi servizi”.
Secondo Roberto Baldoni, professore onorario alla Sapienza e direttore centrale di Acn, l’agenzia per la Cybersicurezza nazionale, servono “da una parte picchi di eccellenza, dall’altra l’innesto di persone con skill particolari nella Pa e coinvolgimento del venture capital che può aiutare. Se non lo facciamo non è un gioco a somma zero: gli altri Paesi in giro per il mondo vanno lanciatissimi in questa direzione”. E quello che manca sono i ragazzi: “L’innovazione non la fa Leonardo, l’Eni, ma i giovani che pensano fuori dagli schemi. E su questo non andiamo forte in Italia”.
Servono “under 30”, insiste Valentina Milani, responsabile Osservatorio Govtech, “chi ha un’età avanzata ha un cervello più conservativo. Può stare in squadra, ma ha un bisogno enorme di giovani”. Milani spiega anche come “questo Governo abbia voluto il fondo sull’intelligenza artificiale di Cdp, e ci ha messo un miliardo”.
Nello Iacono, Coordinatore programma Repubblica Digitale a cura del Dipartimento per la Trasformazione Digitale, parla di un “cambio culturale che deve essere preteso”. Secondo Iacono “il tema della scuola, dell’istruzione e delle competenze è sottovalutato”. Parla di “problemi antichi relativi a come è stata formata la Pa, e anche dei manager del privato che non si sono inseriti in un ciclo di cambiamento culturale che deve prendere tutta la nostra società”.
Tanti dunque i problemi sul piatto. Ne aggiunge un altro anche Roberto Basso, direttore relazioni esterne e sostenibilità WindTre, che sostiene come la Govtech “non sia un tema da convegno, dobbiamo parlarne in un confronto tra pubblico e privato”. Ma poi spezza una lancia a favore dei servizi pubblici digitali già funzionanti: “prendiamo esempio da ciò che è stato fatto. Ci sono 10 paesi al mondo in cui esiste la dichiarazione dei redditi precompilata, l’Italia è stato uno dei primi. E poi io non entro in Posta da un secolo: faccio tutto con PagoPa e funziona benissimo. Abbiamo fatto cose buone, e a volte le classifiche non ce lo riconoscono”.

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